Italia 1968

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© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
lunedì 14 maggio 2012, 16:30Storia degli europei
di Oreste Giannetta

Il Campionato Europeo per Nazioni ha ormai contagiato tutto il continente. La partecipazione alla terza edizione è massiccia, col numero di iscrizioni che tocca un totale di 31 squadre. Viene dunque deciso di inaugurare una fase a gironi preliminare. Gli otto raggruppamenti promuoveranno le prime classificate, che si giocheranno l’accesso alla fase conclusiva nei quarti di finale, con gare di andata e ritorno.
Fa il suo debutto la Germania Ovest, che viene inserita nell’unico gruppo da tre squadre, con Jugoslavia e Albania. I tedeschi scivolano a Belgrado, ma vincono in casa a suon di gol, trascinati dal quasi debuttante Gerd Müller, che contro gli albanesi mette a segno un poker nella sua seconda presenza in maglia bianca. La trasferta finale di Tirana sembra una formalità e invece arriva un clamoroso zero a zero, che permette alla Jugoslavia di qualificarsi. I vicecampioni del mondo salutano dunque la compagnia. I campioni dell’Inghilterra invece proseguono il loro cammino, vincendo l’Home Championship, che per l’occasione viene considerato come un girone di qualificazione. La Spagna campione in carica riesce ad avere la meglio sulla Cecoslovacchia grazie all’Irlanda, che nella gara decisiva va inopinatamente a vincere in quel di Praga. Fatica meno la Francia, anche se col Belgio che la segue in classifica racimola un solo punto. E fatica ancora meno l’Unione Sovietica, sconfitta solo in Austria a qualificazione in cassaforte. L’Ungheria fa suo un girone equilibrato, precedendo la Germania Est, mentre il ruolo di sorpresa spetta alla Bulgaria, che fa fuori il Portogallo di Eusebio, fresco semifinalista mondiale alla sua prima partecipazione.
Resta l’Italia, che dal mondiale inglese è uscita con le ossa rotte e con l’umiliazione della sconfitta contro i dilettanti della Corea del Nord. Cacciato a furor di popolo Fabbri, sulla panchina si è seduto Ferruccio Valcareggi, tecnico dal curriculum limitato, ma onesto gestore di uomini. Trascinata da un Gigi Riva straripante e da Gianni Rivera nel momento più fulgido della carriera, che nel 1969 lo porterà al Pallone d’Oro, l’Italia non ha problemi a spazzare via la debole resistenza di Romania, Svizzera e Cipro. Più difficoltoso del previsto è invece l’ostacolo Bulgaria, ultimo a frapporsi tra gli azzurri e la fase finale. Questo anche perché a Sofia si va con una difesa rattoppata, riuscendo a limitare i danni a una sconfitta con un solo gol di scarto grazie all’autorete di Dimitar Penev, che da C.T. porterà i bulgari alla semifinale mondiale del 1994, e al sigillo finale di Pierino Prati. Due settimane dopo, a Napoli, ancora Prati e Domenghini metteranno le cose a posto.
A destare maggior impressione, nelle altre gare dei quarti, è certamente la Jugoslavia, che travolge con un cinque a uno eloquente la Francia, trascinata dal talentuoso attaccante Dragan Džajić. L’Inghilterra batte sia all’andata che al ritorno la Spagna, ma fatica in entrambe le occasioni ad andare in gol, rischiando anzi la rimonta a Madrid. Rimonta che riesce all’Unione Sovietica, battuta due a zero a Budapest dall’Ungheria, ma capace di ribaltare tutto in casa già a venti minuti dal termine.
L’entusiasmo dei tifosi italiani, tornato alto per una nazionale finalmente competitiva, tocca l’apice quando arriva la decisione dell’UEFA che, grazie ai buoni uffici di Artemio Franchi, assegna proprio all’Italia l’organizzazione della fase finale.

La semifinale, giocata a Napoli, è la rivincita tanto attesa contro i sovietici. Valcareggi schiera una squadra tecnica e offensiva, che pur priva di Riva, infortunato, può contare su Pierino Prati, assistito da Mazzola e Rivera (la staffetta era ancora di là da venire), con Domenghini all’ala destra. Tutto questo, però, non basta a venire a capo dell’attenta retroguardia sovietica, che blocca ogni iniziativa azzurra per tutte le due ore di gioco, tra tempi regolamentari e supplementari. Ancora non sono stati inventati i rigori e non c’è il tempo materiale per disputare una gara di replay. La parola passa dunque alla monetina, che nel silenzio assoluto del San Paolo premia l’Italia, scatenando la gioia del capitano Facchetti e, subito dopo, di tutti gli italiani. In serata, a Firenze, sembra ripetersi lo stesso copione, con Inghilterra e Jugoslavia che non riescono a superarsi. Ci pensa ancora Džajić a spezzare l’equilibrio, a tre minuti dal termine, con una pregevole giocata personale.
All’Inghilterra non resta che il terzo posto, conquistato nella finale di consolazione contro i sovietici, mentre a contendere il titolo ai padroni di casa dell’Italia ci va la sorpresa del torneo, una squadra che unisce tecnica a freschezza atletica e che spaventa non poco Valcareggi. L’8 giugno, in un Olimpico in festa, pronto a festeggiare il ritorno al successo dell’Italia dopo 30 anni dall’ultimo mondiale, gli slavi impartiscono una vera e propria lezione di calcio. Trascinati da Džajić, unanimemente riconosciuto come miglior giocatore del torneo, sono loro a fare la partita e, dopo la sua rete alla mezzora, potrebbero dilagare, se non preferissero controllare il gioco. L’Italia è priva dell’infortunato Rivera e di Mazzola, col solo Domenghini che non riesce a creare nulla di buono per la coppia d’attacco formata da Prati e dal ventenne Anastasi. Proprio Domenghini, però, a dieci minuti dal termine trova il varco su punizione per beffare gli slavi e portarli ai supplementari. Non succede nulla e stavolta si va alla ripetizione, da disputarsi due giorni dopo.
Complice il giorno lavorativo, si gioca di lunedì, il pubblico della gara di ripetizione è sensibilmente inferiore, come numero, a quello di due giorni prima. Sulla nazionale, e soprattutto su Valcareggi, si sono abbattute le critiche della stampa per la formazione troppo attendista e allora il tecnico decide di stravolgere tutto, con cinque volti nuovi. Torna Mazzola, e De Sisti a centrocampo, ma soprattutto torna in attacco Gigi Riva, nonostante il parere contrario dei medici, andando a far coppia con Anastasi. Gli slavi, con la rosa meno lunga, si possono permettere un solo cambio e la differenza di freschezza atletica alla fine risulta decisiva. Già al dodicesimo minuto Riva colpisce, scattando sul filo del fuorigioco (oltre, per gli slavi) e freddando il portiere. Nulla da dire, invece, sul raddoppio, siglato alla mezzora da Anastasi con una splendida girata. Alla Jugoslavia mancano le energie per reagire a questo uno-due spietato e il resto della gara scivola via senza problemi. L’Italia è campione d’Europa per la prima volta, giusto premio per una generazione d’oro di giocatori, che due anni dopo andranno vicini al titolo mondiale.