Belgio 1972

Belgio 1972TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
mercoledì 16 maggio 2012, 16:30Storia degli europei
di Oreste Giannetta

Gli anni Settanta sono anni rivoluzionari, per il calcio europeo. Proprio l’alba del decennio ha visto scoccare la scintilla del calcio totale. L’Olanda, da oscura nazione di secondo piano è diventata scuola calcistica all’avanguardia, collezionando Coppe dei Campioni col Feyenoord prima, e soprattutto con l’Ajax poi. Evidentemente, però, esportare il modulo di gioco dell’Ajax in nazionale non è semplice e, complice la giovane età dei grandi campioni in maglia Orange, la più esperta Jugoslavia riesce ad avere la meglio, guidata ancora una volta da Džajić. Non mancano le sorprese anche negli altri gironi, con la Cecoslovacchia che cede alla Romania di Mircea Lucescu e col Portogallo di Eusebio che viene preceduto dal Belgio. Tutto facile, invece, per la Germania Ovest, l’Inghilterra e l’Ungheria, che approfitta dell’appannamento ormai inarrestabile della Francia. La sfida più attesa, quella ormai classica tra Unione Sovietica e Spagna, si risolve a favore dei primi, che vincono a Mosca e si accontentano poi dello zero a zero a Siviglia.
L’Italia, infine, che forte del titolo di campione in carica e della finale mondiale conquistata due anni prima parte coi favori del pronostico. Il girone è abbordabile e non ci sono grossi problemi nel regolare nell’ordine Austria, Svezia e Irlanda. Nella gara giocata a Vienna, però, si infortuna gravemente Gigi Riva, che tornerà solo per le ultime giornate, in attesa dei quarti di finale. Il sorteggio sembra arridere ai vecchi leoni di Valcareggi, che si trovano di fronte il Belgio, sulla carta una delle meno quotate delle otto squadre rimaste. Si gioca tra aprile e maggio, però, quando la stagione ormai in archivio ha prosciugato le energie residue di giocatori di grande livello, ma ormai avanti con l’età. A Milano, nella gara di andata, i belgi si arroccano in difesa e gli azzurri non hanno la forza per scardinarne il bunker. Al ritorno, invece, è tutta un’altra storia. I belgi sono scatenati e colpiscono una volta per tempo. A nulla serve l’esordio di Fabio Capello, che segue quello di Franco Causio nella gara di andata. Valcareggi viene tradito dagli eroi dell’Azteca, col solo Riva capace di accorciare le distanze nel finale, su calcio di rigore.
Non è solo il Belgio ad andare avanti grazie alla sua fisicità, abbinata alla qualità del suo giocatore simbolo, Paul Van Himst. Anche la Germania Ovest desta scalpore, travolgendo l’Inghilterra a domicilio con una prova maestosa di quella che forse resta ancora oggi la sua versione migliore. Beckenbauer a guidare la squadra in veste di libero moderno, Hoeness e Netzer a costruire e Gerd Müller, forse il miglior finalizzatore di sempre, a concludere la manovra con la rete. I tedeschi si qualificano alla fase finale coi galloni degli assoluti favoriti. Col Belgio, a contendere loro il titolo, restano due rappresentanti dell’Est. L’Unione Sovietica, ormai protagonista fissa delle fasi finali, che ha la meglio sulla Jugoslavia ancora una volta grazie alla sua maggiore forza fisica. E l’Ungheria, che pur non nella sua versione migliore, sfrutta il sorteggio benevolo che la vede opposta alla Romania, pur qualificandosi solo dopo lo spareggio.
Per ospitare la fase finale viene scelto il Belgio, giusto premio per la squadra che ha mostrato i maggiori progressi nelle qualificazioni. Purtroppo per i padroni di casa, però, il sorteggio li mette subito di fronte alla Germania Ovest, in quella che molti avrebbero visto bene come la giusta finale del torneo. I belgi provano a giocarsela come contro l’Italia, chiudendosi a riccio, ma contro la poderosa macchina da gioco tedesca e contro l’efficacia realizzativa di Gerd Müller questo non può bastare. Il Bomber der Nation colpisce una volta per tempo, la prima addirittura di testa nonostante ceda parecchi centimetri ai difensori avversari, e la rete nel finale di Pollenius può solo addolcire la pillola. I belgi accettano di buon grado il verdetto del campo, recriminando però per non essersela potuti giocare in finale. Unione Sovietica e Ungheria, infatti, che si affrontano a Bruxelles in uno stadio semivuoto, dimostrano la loro netta inferiorità. La spuntano i sovietici, con l’unico acuto di una gara noiosa, la rovesciata di Konkov che decide il match a inizio ripresa.
Mentre il Belgio si accontenta del terzo posto, la Germania Ovest vola verso il suo primo titolo continentale travolgendo l’Unione Sovietica nella finalissima giocata all’Heysel. I sovietici contano sulla loro solida difesa, ma ancora una volta non c’è muro che possa resistere alla forza d’urto dei tedeschi. Non passa nemmeno mezzora e Müller sblocca il punteggio ribadendo in rete una respinta del portiere sulla conclusione di Jupp Heynckes, attuale tecnico del Bayern Monaco. Il raddoppio lo mette a segno il mediano Herbert Wimmer, bandiera del Borussia Mönchengladbach che in patria è l’unica a contendere il ruolo di squadra leader al Bayern. Il secondo tempo è appena iniziato, ma la gara sembra ormai essere finita, tanto più che dopo sei minuti ancora Müller finalizza un’azione travolgente dei suoi, toccando quota undici gol tra qualificazioni e fase finale. La Germania Ovest è campione d’Europa, titolo meritato, forse come nessuno prima e dopo. Titolo che due anni dopo andrà a sommarsi a quello iridato, conquistato nel mondiale casalingo e giusto epilogo per una generazione ineguagliabile.