Austria-Svizzera 2008

Austria-Svizzera 2008TUTTOmercatoWEB.com
© foto di Alberto Lingria/PhotoViews
giovedì 7 giugno 2012, 16:30Storia degli europei
di Oreste Giannetta

Dopo la bella esperienza del 2000, la UEFA torna a puntare su un’organizzazione congiunta, tra due Paesi affini come Austria e Svizzera. Le condizioni nelle quali le due nazionali arrivano al torneo sono però diametralmente all’opposto. La Svizzera, che storicamente ha vissuto sempre nell’ombra dei più talentuosi vicini, attraversa ormai da un paio di decenni il suo periodo migliore e, soprattutto a livello giovanile, è ormai competitiva ai più alti livelli. Gli austriaci, di contro, sono impelagati nella peggiore crisi di talento di sempre, tanto che a pochi mesi dal torneo, esasperati dalle pessime prestazioni della squadra, molti critici e tifosi arrivano a chiedere la non partecipazione, per paura di brutte figure.
Con quattordici posti a disposizione non dovrebbero esserci sorprese nelle qualificazioni, e invece una big resta a casa. Si tratta dell’Inghilterra, che dopo la gestione Eriksson si è affidata alla guida autarchica di Steve McClaren. Scelta fallimentare, perché gli inglesi deludono, si fanno battere a Wembley dalla Croazia, dominatrice del girone, cedendo così anche la seconda posizione alla Russia. A cercare di risollevare le sorti dei Leoni verrà chiamato Fabio Capello. Tutto tranquillo, invece, per le altre favorite, anche se quasi tutte non riescono a vincere il loro raggruppamento. Il Portogallo e la Germania, semifinaliste all’ultimo mondiale, cedono rispettivamente a Polonia e Repubblica Ceca, mentre l’Olanda si vede superata dalla rinata Romania, facendosi pure insidiare dalla Bulgaria. L’unica big a convincere del tutto è la Spagna, che mette in fila Svezia e Danimarca, con l’Irlanda del Nord che grazie ai gol del capocannoniere delle qualificazioni, David Healy, sogna per molti mesi il traguardo storico. C’è poi la Grecia, campione in carica sui generis, ma che comunque fa onore al suo status primeggiando autorevolmente davanti alla Turchia.
L’Italia approccia le qualificazioni ancora in piena sbornia post Berlino. Il trionfo nel mondiale tedesco non può non influire sulle motivazioni di calciatori, che sentono di aver raggiunto il traguardo massimo della loro carriera. Tanto più che la guida tecnica è passata di mano da Marcello Lippi a Roberto Donadoni e che è necessario un rinnovamento negli uomini, per non fare la fine di Bearzot nel dopo 1982. Il sorteggio non arride agli azzurri, inseriti in un gruppo che comprende la Francia, grande rivale proprio nella finalissima del 2006, e l’Ucraina, arrivata ai quarti di finale nonostante fosse al debutto. Gli ucraini, in realtà, si defilano velocemente e il posto di terzo incomodo viene preso dalla Scozia, capace di battere la Francia sia all’andata che al ritorno. L’Italia inizia male, pareggiando a Napoli contro l’abbordabile Lituania e perdendo in Francia, in una notte che per i Galletti ha ovviamente maggior valore che per gli azzurri. Seguono cinque vittorie di fila, una prova di forza, seguite dal pareggio di Milano con i francesi. La loro sconfitta contro la Scozia permette il sorpasso, mentre la qualificazione arriva grazie al successo di Glasgow, firmato da Panucci al novantesimo. Qualificazione e primo posto. Nonostante lo scetticismo verso Donadoni, l’Italia arriva all’Europeo con tutte le carte in regola per fare bene.
Incredibilmente, il sorteggio ci mette ancora una volta lo zampino, facendo ritrovare la Francia nel girone, oltre alla temibile Olanda e alla Romania. L’esordio è traumatico, perché il netto tre a zero subito dagli Orange spegne ogni traccia di ottimismo che si era venuta a creare nei mesi precedenti. La tanto attesa rinascita contro la Romania si concretizza solo a metà, perché non si va oltre un pareggio. Per fortuna gli olandesi non guardano in faccia a nessuno e rifilano quattro reti alla Francia, prima di battere pure i rumeni, dimostrando la loro sportività. Tra Italia e Francia è dunque gara da dentro o fuori. Chi vince avanza, mentre un pareggio eliminerebbe entrambe. Poco prima della mezzora gli azzurri ottengono rigore, trasformato da Pirlo, e superiorità numerica, per l’espulsione di Abidal. Partita in discesa, dunque, anche perché Domenech deve fare a meno per infortunio di Ribéry, il suo uomo più pericoloso. Partita chiusa a mezzora dal termine da De Rossi, con una botta su punizione.
Negli altri gironi delude soprattutto la Svizzera, eliminata già dopo due turni, per le sconfitte contro Repubblica Ceca e Turchia, e vittoriosa all’ultima giornata sul Portogallo già certo del primo posto. La seconda qualificata si decide nello scontro diretto tra cechi e turchi e, con una rimonta incredibile da 0-2 a 3-2 nell’ultimo quarto d’ora, gli uomini allenati da Fatih Terim ottengono uno storico passaggio ai quarti. Qualche patema ce l’ha anche la Germania, che ha bisogno di una punizione di Ballack per superare l’Austria e assicurarsi il secondo posto dietro la Croazia, capace di batterla e di chiudere a punteggio pieno un girone nel quale, però, austriaci e Polonia offrono ben poca resistenza. Possono fare ben poco anche le avversarie della Spagna, che apre con un poker alla Russia, battendo poi anche Svezia e Grecia. I russi, trascinati dal blocco dello Zenit che ha appena vinto la Coppa Uefa, si risollevano dal pessimo inizio vincendo le restanti gare e guadagnandosi i quarti.
La fase a eliminazione diretta si apre con le deluse delle semifinali mondiali di due anni prima. Germania e Portogallo danno vita a un bello spettacolo, coi tedeschi che per due volte vanno sul doppio vantaggio, ma coi portoghesi che tengono viva fino all’ultimo la gara grazie alla rete di Hélder Postiga nel finale. Per stabilire l’avversario dei tedeschi bisogna attendere la sfida tra le sorprese della prima fase, Croazia e Turchia. I croati partono favoriti, avendo chiuso a punteggio pieno il girone, ma il risultato non si sblocca fino a un minuto dai calci di rigore.

A quel punto segna Klasnić e per la nazionale a scacchi sembra fatta. La tempra dei turchi, dimostrata già nelle ultime due gare vinte entrambe oltre il novantesimo, non si smentisce e anche stavolta arriva il gol in extremis, segnato da Semih Şentürk. Lotteria dei rigori, dunque, e come spesso capita, chi si ritrova lì quasi per miracolo finisce per avere la meglio. I croati vanno a segno col solo Srna, mentre i turchi non sbagliano nulla e il portiere Rüştü, che ha iniziato il torneo da riserva, finisce per diventare l’eroe della serata parando a Petrić il tiro decisivo. Vanno oltre il novantesimo anche Olanda e Russia, ma stavolta si decide tutto prima dei rigori, e si decide con una sorpresa. Gli olandesi, infatti, che erano riusciti ad agguantare il pareggio in extremis con Van Nistelrooy, nei tempi regolamentari, crollano nel prolungamento, colpiti da Torbinski e dal gioiello russo Arshavin.
L’avversario dell’Italia è la Spagna, che ha impressionato finora, ma che storicamente è capace di sciogliersi sempre sul più bello. Donadoni sceglie un modulo piuttosto prudente, puntando solo su Cassano e Toni in avanti, e riesce così a imbrigliare le Furie Rosse, incapaci di sbloccare il punteggio nonostante il netto predominio territoriale. Ancora calci di rigore, che nell’ultimo decennio non sono più stati sinonimo di sconfitta come negli anni Novanta. Stavolta, però, non andrà bene. Il primo errore è di De Rossi, ma Buffon rimedia parando il tiro di Güiza. È la serata di Casillas, però. Il capitano spagnolo stoppa anche la conclusione di Di Natale, entrato durante la gara per Cassano, e serve a Fàbregas l’opportunità della vittoria, non fallita. L’Italia torna a casa con un diffuso senso di incompiutezza. Si poteva forse fare di più, anche se il logorio degli eroi di Berlino era inevitabile. Diventerà evidente due anni dopo con la disastrosa trasferta sudafricana.
Germania e Turchia, in semifinale, continuano a esaltare il pubblico. I turchi vanno addirittura in vantaggio per primi, si fanno rimontare, ma trovano il pareggio ancora con Semih a quattro minuti dal termine. Sembra un nuovo miracolo, ma stavolta la beffa al novantesimo è tutta per loro e la serve Lahm. Spagna e Russia si ritrovano dopo la gara del girone, che ha visto gli iberici vincere nettamente. La forma dei russi è però andata crescendo esponenzialmente e sono in molti a credere a un possibile colpaccio. Superato lo scoglio italiano, però, l’autostima delle Furie Rosse li mette al riparo dai loro soliti cali di concentrazione. La ripresa, dopo un primo tempo nervoso, è tutta loro. Apre Xavi, allunga Güiza e chiude David Silva.
La finalissima si gioca al Prater di Vienna tra Germania e Spagna, dunque. I tedeschi sono primatisti di vittorie, tre, e di finali, cinque, mentre le Furie Rosse contano sull’unico titolo conquistato in casa 44 anni prima, oltre alla finale persa nel 1984. La solidità della Germania, che quasi mai tradisce all’appuntamento decisivo, contro la maggiore tecnica degli spagnoli, che però a livello di nazionale hanno collezionato una lista quasi interminabile di delusioni. Il destino delle tradizioni, però, è di venire prima o poi abbandonate. Il tecnico iberico Aragonés punta su una squadra che fa del centrocampo la sua arma in più, affidando al solo Torres le chiavi dell’attacco, vista l’assenza per infortunio del capocannoniere Villa. La differenza la fa il brasiliano naturalizzato Marcos Senna, vera diga davanti alla difesa per permettere a Xavi e Fàbregas di pensare più a costruire che a contenere. È una Spagna ben diversa da quella che due anni dopo vincerà il mondiale e che sarà costruita sul blocco del Barcellona vincitutto. Prova ne sia il gol col quale sblocca il punteggio poco dopo la mezzora. Verticalizzazione improvvisa per Torres che, dopo aver bruciato in velocità Lahm, anticipa l’uscita di Lehmann con un diagonale maligno. È il momento decisivo, perché la Germania, nonostante nella ripresa tenga il pallino del gioco, viene tradita dalle sue punte di diamante, Klose e Podolski. Finisce con i tedeschi in lacrime, una scena destinata a diventare abituale, dalla finale mondiale del 2002, passando per la magica (per l’Italia) notte di Dortmund e continuando per la semifinale persa ancora con la Spagna in Sudafrica, oltre alle delusioni di Champions League del Bayern Monaco contro Inter e Chelsea. Insomma, i tedeschi non sanno più vincere. Lo sanno fare bene gli spagnoli, invece, che alzano al cielo la Coppa Dalauney col loro capitano Casillas, prima di ripetersi due anni dopo con la prima, storica, Coppa del Mondo.